Un grazie Speciale

  

Giovedì 8 aprile è tornato a Roma - per reimmergersi negli studi - padre Jean; prima di partire mi ha consegnato questo scritto:  

Un ringraziamento sentito da parte mia, nel nome del popolo Haitiano e dei Salesiani che si impegnano lì, ad Haiti,
per cercare di essere «SEGNI DI SPERANZA».

«Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo 25,40)

Grazie per il vostro gesto di solidarietà. Dio vi benedica!                                          Con affetto,    Padre Jean Loubens Roseau

Nel mese di luglio, al termine della discussione della tesi, padre Jean tornerà nella sua patria, dove la presenza di insegnanti e uomini di cultura (dopo la strage causata dal terremoto) è indispensabile; l’incontro con lui in questi anni è stato un segno della bontà di Dio e un dono di fraternità.(nelle prossime settimane, daremo relazione della raccolta effettuata, continuano infatti a pervenire in parrocchia offerte;  il ricavato viene devoluto direttamente alla comunità salesiana di Haiti)

HAITI aiuto..!

Lo scorso 12 gennaio un grido si è levato da una terra bellissima e tormentata. AIUTO...! A questo grido la nostra Comunità ha già dato una prima risposta, ma ORA tocca ancora a NOI ascoltarlo e decidere:  abbiamo il potere di trasformarlo in un grido disperato, inascoltato,  lanciato nel vuoto; oppure possiamo farlo diventare voce della speranza, un grido che chiama all’attenzione, che viene raccolto e muove qualcuno (NOI...!).

Da Haiti si leva ancora forte e chiaro questo grido: AIUTO...!

 

Padre Jean Loubens Roseau, nostro grande amico e collaboratore,

sta completando i suoi studi a Roma, ma il suo cuore (e la sua famiglia) sono ancora ad Haiti, sua terra natale. Sono le sue parole ad introdurci in questo tempo di Quaresima. Il terremoto di Haiti:
Dio si manifesta dove meno pensiamo che lui sia presente; per poterlo vedere, bisogna avere gli occhi della fede.

Salomon, il cui nome significa saggezza, è un uomo qualunque haitiano di circa quaranta anni di età, che ha dovuto misurarsi con il disastro totale della sua patria. Egli aveva studiato, da laico, la teologia nel Messico per sei anni, e si è laureato in quella disciplina. Tornando nel suo paese di Haiti, credeva di conoscere molto bene, mediante i suoi studi teologici, chi fosse Dio e in quali modi Dio si manifestasse agli uomini. In realtà anche lui come tutti gli esseri umani non riusciva a capire il problema del male e della sofferenza. Malgrado tutti i suoi studi, questo rimaneva un grande mistero anche per lui. Ogni tanto rifletteva sui testi della Sacra Scrittura che in qualche modo cercavano di risolvere il problema.

Innanzitutto, si fermava sul testo dell'incontro di Elia con Dio sull'Oreb così come espresso nel primo libro dei Re. Questo brano biblico ci racconta come ci fosse stato un vento impetuoso, poi un terremoto, poi ancora il fuoco, però Yahvé non era presente in nessuna di quelle realtà. Soltanto attraverso un vento leggero, Dio si manifestò a Elia, dandogli allo stesso tempo una missione (1Re19, 9-18). In altre parole, Yahvé si è rivelato a Elia attraverso un segno che lui non si aspettava affatto, e neppure riusciva a immaginare, e cioè un venticello carezzevole...

Poi, c'è il libro di Giobbe, questo grande servo di Dio che viveva ricco e felice. Dio permise a Satana di tentarlo per vedere se sarebbe rimasto fedele anche nella cattiva sorte. Giobbe si rivolge ai suoi persecutori con queste parole: "Fino a quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre parole? Mi insultate e mi maltrattate senza pudore…".

Alla fine del libro, Giobbe dice al Signore: " Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno. Chi è colui che senza intelligenza offusca il tuo disegno? Sì, ne ho parlato; ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco. Ti prego, ascoltami, e io parlerò; ti farò delle domande e tu insegnami! Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l'occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere" (Giobbe 42, 1-6). In altre parole, Giobbe ha riconosciuto la sua piccolezza davanti ai disegni di Dio; e ha fatto un atto di fede pensando che Dio non potrà mai lasciare che il male, la morte, abbiano l'ultima parola sulla vita del suo servo.

Nel Nuovo Testamento, Salomon non ha potuto capire come mai Dio che è Padre, che è Creatore onnipotente, abbia permesso che Gesù Cristo, il suo unico Figlio, morisse sulla croce. Secondo lui, Dio non poteva essere crocifisso in questa situazione di immenso dolore e di vergognosa esibizione. Secondo lui, le forze del male non potevano mostrarsi più potenti di Dio! Ma alla fine, si ricorda che la croce di Cristo è certamente croce, ma "trasfigurata" e cioè croce che prelude alla risurrezione.

La catastrofe accaduta ad Haiti il 12 gennaio 2010, ha permesso a Salomon di cercare la saggezza vera, che a volte è paradossale. Egli ha trovato un po' di risposta al problema del male e della sofferenza proprio dalle labbra di una bambina haitiana, di 12 anni di età, che è stata salvata, dopo essere rimasta sotto le macerie della sua casa per ben quindici giorni. Tutti abbiamo potuto vedere la sua immagine alla televisione. La sua prima reazione fu quella di una persona confusa e  in crisi per tutto ciò che riguarda la volontà di Dio a riguardo di quello che stava accadendo. Egli diceva a se stesso, che dopo tante calamità vissute dal suo paese come la schiavitù, la colonizzazione e le occupazioni, spagnola, francese, americana; la cattiva gestione delle risorse del paese da parte di tanti governanti corrotti, almeno la natura che è la mano di Dio sulla terra non doveva accanirsi contro questo povero popolo già così tanto provato. Nel 2008, Haiti aveva già conosciuto ben quattro uragani devastanti. Nel 2009, non ha sperimentato nessun disastro naturale a un punto tale che, malgrado la crisi economica mondiale, Haiti aveva incominciato a fare dei progressi considerevoli. Il 12 gennaio 2010, ormai data indimenticabile, e non solo per i haitiani, in una trentina di secondi, più di duecentomila persone sono morte: Port-au-Prince respirava e respira morte!!!

Allora Salomon si chiedeva: dove era Dio in questo momento? Fu, allora colpito ascoltando la risposta - data ai giornalisti - di quella ragazza, uscita viva dopo quindici giorni da quelle macerie. Essa diceva: "In nessun momento anche se sotto le macerie, ho avuto paura, perché so che c'è un Dio e sentivo la sua presenza". Quella confessione di fede, in quella situazione di catastrofe ha fatto piangere Salomon il quale ha concluso che certamente c'è un Dio-Onnipotente, che si manifesta sempre agli uomini, come suoi figli, in modo inaspettato, ma che ci vogliono gli occhi della fede per poterlo vedere.

Salomon aveva capito che è un segno di saggezza il riconoscere la incapacità degli esseri umani di capire tutto; bisogna quindi fidarsi di Dio come Colui che guida la storia di ogni uomo, di ogni singolo popolo della terra, di tutta l'umanità, e quindi anche di Haiti, e ammettere che dietro la croce di Cristo e ogni croce umana portata con fede, nasce la speranza di una vita più vera che solo Lui può donarci.

                                                                                                 Padre Jean Loubens Roseau