Il canto di Ezio

Ed Ezio cantò la sua canzone,
volgendo al cielo, note d’argento
che ben s’intonarono, con le candide vesti
di angeli in festa.
Ricamò spartiti di liriche eterne
che tinsero di colori gentili,
le arcate di un cielo
che avaro, strinse la sua mano,
di libero gitano del tempo presente. 

Fu canzone triste.
Ma cantò con cuore sincero
Come l’antico, incontaminato, cavaliere,
perduto nelle dense nebbie
di Avalon.
E in quel dolce mattino di festa,
non fu lieve il rintocco della campana
che annunciò l’ingresso
di un’anima nuova,
nell’infinito concerto
dei cori celesti.